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mercoledì 21 ottobre 2015

Cinesogni

Ho sempre pensato che i film, soprattutto quelli in bianco e nero, presentino molte analogie con i sogni. D'altra parte, sono quasi sicura che l'abbia scritto anche qualche autorevole critico, da qualche parte (gli amanti della settima arte vogliano scusare la mia pessima memoria). I film europei (ma anche quelli filo-europei), poi, sono permeati da uno spirito più lirico-poetico rispetto ai loro cugini americani. Sì, lo so, sto generalizzando. Ma non vi sembra che la scena qui sotto sia degna delle migliori atmosfere oniriche?
Si tratta di "La ragazza sul ponte", di Patrice Leconte, con Vanessa Paradis e Daniel Auteuil che si danno a un improbabile gioco di seduzione: lei aspirante suicida, lui lanciatore di coltelli, i due diventano complici nello spettacolo dell'ambivalenza dei sentimenti, dove odio e amore di confondono senza soluzione di continuità. 
I miei sogni sono proprio così: immagini in cui regna la desolazione, la distanza; il bene che nasconde il male e viceversa; e, su tutto ciò, la triste consapevolezza di "qualcosa" che non potrà mai essere raggiunto o conquistato. 
Pochi giorni fa, al termine di un ragionamento contorto, sentenziavo che i sogni ci mettono in contatto con l'infinito. Il mio infinito sembra allora molto simile ad un inferno: sofferenza intima e profonda senza possibilità di fuggire. Nel caso in cui esistesse un aldilà, spero che i miei sogni si sbaglino.

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